La Filarmonica sacilese ha avuto un’impronta culturale fondamentale fin dai primi anni.
Come tutte le bande, oltre a segnare il passo alle truppe in marcia, fu utilizzata anche in campo civile, soprattutto in occasione di feste e solennità religiose, divenendo un caratteristico e popolare strumento di diffusione culturale.
Secondo Luigi Gussoni, che fu segretario comunale di Sacile dal 1865 al 1892, le origini della banda risalgono ai primi anni Quaranta del XIX secolo “a opera di alcuni giovani dilettanti, istruiti da un suonatore del paese, i quali prestavano i loro servigi in pubblico o in qualche festino o in chiesa nelle solennità“.
La prima uscita ufficiale dei suonatori fu il 28 ottobre 1846 per dare il benvenuto all’ “Arciduca Viceré e la sua Serenissima consorte” di passaggio a Sacile.
Notizie più certe apparvero a partire dalla primavera 1850, quando alcuni Sacilesi si fecero promotori di una nuova associazione musicale con lo “scopo di formare degli allievi nella musica istrumentale, e procurare alla gioventù un’utile e dilettevole occupazione togliendola dall’ozio”.
Il compito era arduo, ma grazie all’entusiasmo di allora, la banda si trovò al centro delle attenzioni e gradimenti di tutta la popolazione.
Non vi furono manifestazioni dove non fosse richiesto il suo intervento, ma l’attività maggiore e più importante di quei primi anni restavano i concerti in piazza e gli intrattenimenti al Teatro Sociale tra un atto e l’altro delle rappresentazioni.
Di anno in anno, grazie all’impegno finanziario dei soci, la struttura dell’Istituto si consolidò. Nel 1857, la Deputazione Municipale si assunse l’onere del Maestro e della Scuola di Musica.
La storia della Filarmonica fu strettamente legata alle vicende storiche e politiche del paese, tra cui l’Unità d’Italia e i vari conflitti bellici.
Dopo il caos della Prima Guerra Mondiale, alcuni soci promotori, tra cui Angelo Pizzutelli, si misero all’opera per dare vita a una Società Filarmonica. Ma era tutto da rifare: rimettere insieme i musicisti, trovarne di altri, acquistare strumenti, rifare il repertorio e, soprattutto, trovare un direttore.
La scelta di Pizzutelli “cadde su un giovane maestro toscano, reduce di guerra, Alfredo Romagnoli, subito simpaticamente accolto“, che nel giro di qualche semestre rimise in efficienza il complesso bandistico, e ne fu il direttore dal 1921 al 1956, dando vita a una stagione di grande civiltà e cultura musicale.
Ripristinò la Scuola di musica e una Scuola di strumenti ad arco; il complesso bandistico venne potenziato e in pochi anni portato a circa 70 filarmonici, uno dei più numerosi in regione, ma anche tra i più qualificati: nel 1926, 1927, 1928, 1931, 1933 e 1937, la banda vinse la “Coppa Friuli” e rappresentò la nostra regione al Concorso nazionale di Roma, conquistando il 4° posto.
Ma le iniziative più singolari della stagione del M° Romagnoli furono le operette musicali, messe in scena con l’utilizzo della sua orchestra e successivamente degli allievi della scuola di musica e di numerosi bandisti. Fra gli attori figuravano anche i bambini delle scuole elementari.
Dopo una devastante crisi del secondo dopoguerra, la banda si riprese lentamente, tornando a essere il motore intorno al quale ruotò la cultura sacilese di quel periodo. Numerosi furono i tentativi per conciliare passato e presente, ma il mondo stava inesorabilmente cambiando e la musica risentiva di quel profondo mutamento: la Banda, come espressione di cultura musicale, non era più il veicolo preferenziale, vista la nascita di altre realtà simili.
Il Dopo Romagnoli fu un periodo molto difficile, ma con l’arrivo del M° Mario De Marco, che seppe coniugare tradizione e innovazione, ci fu una nuova ripresa. Sotto la sua direzione (1957-1969) la banda eseguì diversi concerti operistici e corali di grande impegno. Dal 1970 si susseguirono alla guida del complesso sacilese altri maestri, ognuno portando il proprio contributo culturale: da Liliano Coretti, Luigi De Paoli e Mario Zanette a Giovanni Sperandio, Danilo De Savi e Zija Bejleri.
È proprio con il M° Bejleri che la Filarmonica iniziò la sua metamorfosi, arricchendo il repertorio di musiche tradizionali, sinfoniche, operistiche e classiche con brani moderni e sonorità tipiche delle Big Band americane, che presenta anche attualmente, esibendosi come “Sacile Swing Orchestra” sotto la guida del M° Vittorio Pavan, alla direzione dal 2009.
(liberamente tratto da: “Istituto Filarmonico di Sacile – Centocinquant’anni di musica 1846-1996” di Nino Roman, a cui si rimanda per approfondimenti.)
Il Coro Vittorino da Feltre
Il coro di voci bianche “Vittorino da Feltre” prese il nome dalla scuola al cui interno mosse i primi passi o meglio fece udire le prime voci. L’idea iniziale era quella di valorizzare l’educazione alla musica durante l’orario scolastico con un percorso di propedeutica vera e propria che andasse al di là dell’apprendimento di una semplice canzoncina. Nel 1986 ci si spinse oltre: far conoscere la musica “alta” ai bambini attraverso l’esperienza del coro di voci bianche.
La collaborazione fra il maestro Franco Gava, l’allora direttore didattico Claudio Morotti e l’allora presidente della Filarmonica, Romeo Gasparotto (già allievo dei maestri Romagnoli e De Marco), fu fondamentale per l’avvio di questa attività a cui aderirono molti scolari, prima della “Vittorino da Feltre” e, qualche anno dopo, anche della “Grazia Deledda”.
Nel 1995 venne chiamato a dirigere il coro un maestro d’eccezione, Mario Scaramucci, ‘arruolato’ dalla Filarmonica. Scaramucci iniziò allargando il repertorio che fino a quel momento era piuttosto ristretto, essendo l’attività finalizzata a due esibizioni all’anno, quella di Natale e quella di fine anno scolastico, e iniziò a lavorare con i piccoli cantori della “Vittorino da Feltre” in orario scolastico. Due volte alla settimana i piccoli cantori si ritrovavano nell’Aula Magna di via Ettoreo per le prove a cui assistevano, oltre al maestro Gava (sempre munito di caramelle o cloccolatini), anche qualche aiutante volontario, come l’ex maestra Clara Vendramin, o qualche mamma.
In poco tempo il coro cominciò ad ottenere grandi risultati, dentro e fuori regione. Nel 1999 fu inciso anche un CD che, a sorpresa, ottenne una recensione molto positiva da un critico della rivista Amadeus. Scaramucci descrive così il ricordo più bello:
“(Quando) subito prima o subito dopo un’esibizione, qualche bambino mi si avvicinava per chiedermi pareri o commenti. In quel momento io ero per loro il punto di riferimento, avevano voglia di confrontarsi con me, mi cercavano per quello”
(da “Musica, Maestro!” di Maria Balliana)